NOVARA DI SICILIATra suggestioni e leggende millenarie Incastonato tra i Monti Nebrodi e i Peloritani vi è uno dei borghi più belli d’Italia il cui appellativo, […]
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Luglio 30, 2022Ragusa – old
Settembre 29, 2022Enna-old
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Settembre 29, 2022Palermo
Tra le diverse etnie e religioni in uno scenario di incommensurabile bellezza
Circondata dai Monti e bagnata dal Mar Tirreno, la Città di Palermo è stata abitata sin dall'era paleolitica, come dimostra il ritrovamento delle pitture rupestri all'interno delle Grotte dell'Addaura, situate sul fianco nord-orientale di Monte Pellegrino.
La valigia sul Letto B&B
Alloggia in centro a Catania
Palermo fu terra di infinite dominazioni ognuna delle quali ha lasciato l’impronta nell’architettura, nell’arte e nella cultura che oggi il visitatore incontra passeggiando tra le vie di questa splendida città.
Ma perchè tutti volevano conquistare Palermo?
La prosperità della terra, la presenza dei fiumi Kemonia e il Papireto rispettivamente ad oriente e ad occidente utilizzati come porto e la sua collocazione strategica nel Mediterraneo, in grado di facilitare i transiti mercantili e commerciali, certamente stuzzicarono la fantasia di molti popoli.
Le fonti storiche narrano che Palermo abitata già dai Sicani, fu fondata dai Fenici di Tiro tra il VII e VI secolo a.C. popolo di pastori, agricoltori, marinai e, col tempo, divenuti grandi commercianti. In questo periodo storico si ebbero le prime dissonanze con i
Greci che già popolavano la parte orientale della Sicilia, anch’essi abili commercianti e artigiani. Ciononostante la città restò sotto il controllo dei Fenici sino alla prima guerra punica, a seguito della quale la Sicilia venne conquistata dai Romani. Lo scontro con i Romani fu fatale sino al punto di assicurarsi il monopolio sul Mediterraneo.
La caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 però, segnò l’inizio delle invasioni barbariche e la presa in atto dei Vandali che saccheggiarono praticamente tutta la Sicilia.
Nell’anno 535 d.C., i Bizantini, che appartenevano all’impero Romano di Oriente, conquistarono la città di Palermo occupando la scena per quasi tre secoli e regalando alla città un periodo florido e rigoglioso. A loro si deve ad esempio l’arte del decoro, del mosaico dorato e degli intarsi marmorei.
Verso la seconda metà del IX secolo fu la volta dei Saraceni (così venivano chiamati gli Arabi in Occidente) che sbarcati in Sicilia nell’anno 827 cacciarono letteralmente i Bizantini, dando il via alla conquista araba, per giungere poi a Palermo nel 831 (i mussulmani del nord-Africa) e impiantare il loro centro culturale realizzando moschee, istituzioni, scuole, bagni pubblici, la rete idrica, nuove colture, l’arte e la poesia.
Se fino a quel momento la città più importante dell’Isola era Siracusa, con gli Arabi Palermo le sostituì il primato.
Palermo, più che siciliana pareva una città orientale e diventò lussuosa ed abbondante e la tolleranza regnava tra i diversi popoli che pacificamente convivevano: cristiani, ebrei e islamici. Gli arabi erano davvero tosti e astuti al punto di realizzare numerose fortezze a protezione della loro nuova sede di governo!
L’era Araba però stava per tramontare, perchè un nuovo popolo decideva di conquistare quel tratto di mediterraneo di importanza notevole per il commercio. Siamo nel 1072, quando i Normanni assediarono le mura arabe dopo non pochi scontri.
La tolleranza dei nuovi vincitori consentì comunque ai Saraceni di continuare ad esercitare la loro cultura ed è proprio in questo momento che si ha una convivenza pacifica tra le diverse etnie e religioni.
Anche l’architettura vive l’armonia dei molteplici stili arabo – normanno – bizantino, rinvenibili ad esempio in Palazzo della Zisa, Palazzo Cuba, o nelle meravigliose Cupole della Martorana e di San Giovanni degli Eremiti.
Quello fu un periodo realmente ricco, dove la città divenne capitale e la Corona di Re passò nelle mani di Ruggero II d’Altavilla.
La prosperità della città la si osserva anche nelle successive opere. Tra il 1172 e il 1267, infatti, venne avviata la costruzione della Cattedrale di Santa Maria la Nova, a Monreale, su volontà del buon Guglielmo II di Altavilla dove tra i ricchi e dorati mosaici spicca la figura del Cristo Patocratore, dallo sguardo severo ma umano.
Ma anche la monarchia normanna giunse al capolinea lasciando il posto ad un grande illustre luminare, intellettuale, alla ricerca di un continuo sapere.
In scena entra Federico II di Svevia, l’imperatore stupor mundi per la sua straordinaria intelligenza, figlio di Enrico VI e Costanza d’Altavilla, e nipote di Federico Barbarossa.
Federico II, Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero, lo incontreremo spesso il queste pagine per le relazioni che intrattenne con le città siciliane; per le fortezze e castelli da lui scelti come residenza; per il movimento letterario della Scuola Siciliana, per la sua natura controversa,considerato da molti un pò il Messia e un pò l’Anticristo
Dopo la morte di Federico la città di Palermo passò nelle mani degli Angioini guidati da Carlo I D’Angiò, anche se il loro governo ebbe breve durata, sino a quando nel 1282 la sommossa che conosciamo con il nome di Vespro Siciliano scoppiò a Palermo nel periodo pasquale per poi espandersi in tutta la Sicilia.
La Sicilia passò sotto la dominazione spagnola, con il regno di Ferdinando II d’Aragona, diventando sede dei Vicerè, gli amministratori del Re di Spagna, mentre le famiglie nobili di un certo livello, come i Ventimiglia, gli Alagona e i Chiaramonte, si contendevano il potere.
La città ritorna al suo massimo splendore grazie al rilancio urbanistico, all’edificazione di sontuosi palazzi, all’esplosione dell’attività artistica e culturale, alla ricerca del bello.
Alla morte di Ferdinando II avvenuta nel 1516, subentra la corona di Carlo V d’Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero: la città nuovamente si espande dal punto di vista urbanistico grazie all’appoggio della classe nobiliare. Si inaugurò la centralissima Via Maqueda e si procedette alla realizzazione dei Quattro Canti, e alla Fontana Pretoria meglio nota ai palermitani come “Piazza della vergogna” per le nude statue che la rappresentano.
Per molto tempo l’Isola visse sotto l’influenza spagnola sino a quando nel 1713 con il Trattato di Utrecht si pose fine al dominio aragonese.
Per poco tempo, invece, la Sicilia passò’ sotto l’influenza dei Savoia per poi seguire nel 1734 il dominio Borbonico con Carlo III, dove il Regno di Sicilia era ben distinto da quello di Napoli. Soltanto nel 1816 nacque il il Regno delle Due Sicilie e Palermo perse il ruolo di capitale.
L’era borbonica si concluse con la spedizione dei Mille di Garibaldi, l’eroe dei due mondi, che entrò a Palermo passando da Porta Termini.
Gli anni seguenti furono caratterizzati da ribellioni contro il Regno di Italia, come la rivolta violenta ed antigovernativa dei Sette e Mezzo, così chiamata perchè durò sette giorni.
Dopo l’annessione al Regno di Italia Palermo visse una seconda vita e fu interessata da importanti eventi ed opere grazie al contributo di architetti come Giovanni Battista Filippo Basile, padre del Teatro Massimo, il più grande edificio teatrale lirico di Italia. Venne inaugurato il Politeama, nacque lo stile Liberty, e grandi imprenditori, come la famiglia Florio, contribuirono alla modernizzazione del linguaggio architettonico.
I terremoti siciliani e i bombardamenti del ’43 in parte hanno danneggiato il patrimonio artistico locale, ma il popolo palermitano, o meglio siciliano, ha sempre lavorato sodo per risollevarsi e riportare allo splendore, con orgoglio, quello che oggi possiamo ammirare passeggiando per le strade di questa fantastica e solida città.
Ed anche se Palermo in questa lunga storia ha cambiato più volte il suo nome, chiamata Zyz, fiore, dai Fenici, Panormos ossia tutto-porto dai Greci, Panormus dai Romani; Balarm dagli Arabi, Balermus in latino italianizzato oggi in Palermo, la sua armonica e variegata bellezza è rimasta intatta.
La visita alla città di Enna non può che concludersi con l’assaggio della polenta siciliana la Frasculata, un connubio di farina di legumi, lardo e broccoli, che in origine si ricavava dall’utilizzo di farina di ceci e cicerchia. I nordici apprezzeranno!